L'eroe, tornato, compie la vendetta, ma nel viaggio tanti, tanti guai: sciagure, naufragi, la disdetta... Oggi diremmo: "No Alpitour? ahiahiahi!!"
Gli dei si riunirono a convegno per parlare d'Ulisse e c'eran tutti: "costringerlo a vagar tuttora è indegno, e Posidone adesso ce l'ha rotti... si rechi dunque Ermes ad Ogigia per di' a Calipso di lasciarlo andare se dicesse di no... la vede bigia non siamo più disposti a tollerare!!!" Atena poscia, con travestimento, si reca da Telemaco in missione per consigliarlo a metter vele al vento e raccoglier sul padre informazione... Lui si rivolge, prima di partire, ai Proci, di sua madre pretendenti: "questa storia l'avete a far finire!! se torna Ulisse vi fa sputà 'denti; voi siete solo dei gozzoviglioni, dei farabutti, mangiapane a ufo, guardate di levarvi da' 'oglioni, della vostra presenza sono stufo!!!" Ma dubbi su su' pà nessun gli toglie; apprende solo che Agamennòne fu ucciso dal ganzo della moglie e vendicato poi - giusta reazione - dal figlio Oreste che, appreso il fatto scannà su' madre e l'infamato amante... Telemaco ascoltava, tutt'orecchi, dentro di sé pensando, esterrefatto: "è fato dell'Atridi essere becchi!!!" Ermes, coi calzari da crociera, si mise il casco - sempre obbligatorio - e verso Ogigia andò di gran carriera dove Ulisse e Calipso, more uxorio, stavano insieme già da sette anni; le disse del volere degli dei che ad Ulisse finissero gli affanni, e a farlo andare ci pensasse lei... E così fu. Tagliò legna abbondante e in quattro giorni costruì un natante, una zattera per partir per mare e fu diciotto giorni a navigare..... lo scorse Posidone: ultraincazzato gli scatenò tempesta furibonda, disintegrò la zattera nell'onda e Ulisse restò solo, abbandonato.... ma fino a terra ci arrivò, nuotando; ogni forza lo stava ormai lasciando....... per cui si addormentò, sonno profondo, nudo come quel dì che venne al mondo. La vergine Nausica - da marito - datogli cibo e vesti, poverino, lo divora con gli occhi, c'ha il prurito, "quasi quasi ci faccio un pensierino..." Ospite nella terra d'Alcinòo, invitato d'onore nei banchetti, piange ascoltando,là, vicino al fòo il cieco aedo che coi suoi versetti canta le gesta dell'astuto Ulisse, inventor del cavallo pien d'armati con i quali alla fine Ilio distrusse; ma i pianti suoi dal re sono notati al che si svela e il suo peregrinare, gesta, sciagure, tutti i suoi tormenti ai nobili Feaci avvia a narrare; mai uditori ebbe sì attenti.. La città dei Ciconi al suolo rade che dei Troiani erano alleati, in terra dei Lotofagi poi cade; recupera a fatica i suoi gregari che i fior di loto, poveri sventati, avean mangiato, della droga ignari. Riesce ad approdare sulla terra dei Ciclòpi, dalle forme strane, adatti a pascolare, no alla guerra, mangiavan come niente carni umane; Polifemo, monocolo, divora alcuni membri del di lui equipaggio; con un palo infuocato, a una cert'ora, lo rende cieco " E in più ti perculeggio ché se con altri ti lamenterai 'Nessuno' mi accecò tu lor dirai". Buttarla più di fuori non poteva: aveva reso cieco a Posidone il caro figlio, quindi adesso aveva l'odio del dio, grande rompiglione! Ospitati da Eolo, dio dei venti, soggiornano. Del ritorno il desìo è troppo forte; mentre son partenti un otre a Ulisse dona il caro dio: racchiude i venti che, col lor soffiare, potrebbero il viaggio danneggiare. Ma nel sonno d'Ulisse, l'equipaggio avido, scioglie l'otre ed ecco il peggio: Itaca all'orizzonte già appariva ma la tempesta al largo li allontana... Dei tremendi Lestrìgoni alla riva - giganti, mangiator di carne umana - s'appressano le navi. Guai a loro!! A colpi di macigni son distrutte, affondan gli equipaggi già con loro, tranne quella d'Ulisse, perse tutte!! Rimasto co' una nave solamente prende terra sull'isola di Eea dove regna incontrastatamente Circe la maga (meno d'una dea). Facendo un sortilegio all'equipaggio in porci li trasforma e poi ci prova pur con Ulisse, ma costui, da saggio, sventa l'insidia; poscia nell'alcova rende la maga tanto soddisfatta che pur d'averlo accanto, nel suo letto, libera tutti ed ecco....pace fatta! Ora che Ulisse con la maga andava, il suo equipaggio come la passava? da Circe lavoravan tante ancelle e i marinai si trombavan quelle!! Passa un anno, trascorso con diletto, ed al desìo d'Ulisse di partire consiglia, - senza opporsi, era promesso - di scendere all'Averno per sentire l'indovino Tiresia sul successo del prosieguo del viaggio di ritorno. Ed egli scende, con forte emozione, fra 'morti, ombre in un mondo d'ombra senza speranze di resurrezione, e una pena lo prende e lo addolora nel veder di sua madre il volto caro della cui morte ei del tutto è ignaro; lo struggimento, l'ansia ed il dolore di non sapere del figliolo caro l'hanno portata innanzi tempo all'Ade, madre infelice! E Ulisse piange amaro..... Il futuro predice l'indovino: contrastato il rientro, ma un bel giorno a sposa e figlio tornerà vicino ed i nemici toglierà di torno. Gli orecchi a' rematori tura a cera e piedi e mani poi si fa legare; voci invitanti, suoni ammaliatori, delle Sirene il canto può ascoltare parole dolci, nenia conturbante, come una 'chat-line' eccitante; lui solamente e sol perché legato resiste alla tremenda tentazione; chi prìa di lui, ahimé! s'era provato di bianche ossa al sole era visione!!!! E prosegue la nave il proprio errare, Scilla e Cariddi evita, insidiose! esperienze tremende, da narrare ci furon mai di tanto spaventose!!! Poiché infuriava al largo la tempesta nell'isola del Sole fa una sosta a bordo già scarseggia la provvista "Però le vacche sacre rispettate, ucciderne anche una caro costa, mi raccomando a voi, non le toccate!!!" Fame però è mala consigliera: nell'assenza del capo i marinai fanno un falò vicino alla scogliera, ritorna Ulisse, ma..... è fatta ormai! Il nume, molto più che nervosetto, con una botta te li affoga tutti, il solo Ulisse - come era predetto - riesce a non andare giù nei flutti aggrappato a un relitto, quanti affanni! giunge ad Ogigia (non so dove sia) e lì trascorrerà parecchi anni prìa che gli dei lo lascino andar via. Ai Feaci più niente ha da narrare quindi li prega d'allestir la nave e ad Itaca di farlo ritornare: dissero 'sì', proprio da genti brave e ricchi doni ognun di lor gli fece, che, lui dormiente, furono sbarcati sulla riva dell'isola itacese. Ripartono i Feaci, ma avvistati da Posidone - non la digerisce! - e in uno scoglio vengon trasformati. Svegliato, Itaca più non riconosce, ci vuole Atena per rassicurarlo, per nascondere i doni, consigliarlo di non mai rivelarsi con alcuno, e lo trasforma in vecchio mendicante promettendo di stare a lui vicino e proteggerlo bene ora in avante. Si presenta alla casa del porcaro Eumeo, a Ulisse ben fedele, che del re ha il ricordo sempre caro i beni del padrone custodisce con amore e attenzione, ma patisce per i Proci dovendo lavorare, e prega che il signore abbia a tornare; senza svelarsi Ulisse lo assicura che ci sarà il ritorno e la vendetta, ne è tanto certo poi che glielo giura "volesse il cielo è tanto che si aspetta!" A Telemaco intanto Atena appare, l'avverte di un tranello in mezzo al mare gli suggerisce quindi di cambiare la rotta e prender terra prìa del porto, se lo vedono i Proci è un uomo morto! Sbarca e si reca da Eumeo il porcaro che al vederlo gioisce, sollevato "io corro da Penelope, filato, ché non tema per te, sei ritornato". Rimasti soli, Ulisse al figlio svela l'identità: è suo padre, redivivo, nessun dei due la commozione cela e piangono, felici del suo arrivo; fanno piani per l'eliminazione dei Proci e di chi tenne lor bordone. La nave di Telemaco è nel porto; i Proci, con estremo disappunto, s'accorgon che l'agguato è andato storto; fanno assemblea fra lor "a questo punto dobbiamo quel ragazzo eliminare con altri mezzi, non si può aspettare". Penelope, informata, li rampogna: "osereste far questo al figlio mio? non provereste dopo gran vergogna ad aspirare ancora al letto mio?" Rientrato Telemaco, da solo, anche Ulisse ed Eumeo vanno al palazzo sulla cui soglia, pien di pulci e piaghe, si giace un cane: vede il suo padrone, ma ridotto allo stremo non resiste e per gran gioia muore. Ulisse, triste, s'asciuga qualche lacrima sul volto. Mendicando tra i Proci è lo zimbello, incassa tutto, senza mai fiatare, Antinoo gli lancia uno sgabello; il mendicante Iro il vuol scacciare, lo sfida, per proteggere il suo posto, con un colpo alla testa, violento, Iro stramazza con un gran lamento: chi contro gli sarà pagherà il costo.... Telemaco in altra stanza porta le armi di suo padre perché i Proci potrìan usarle e allora... andrebbe storta. Penelope, volendo almeno voci sul possibil rientro del marito, parla col mendicante che le infonde speranze nuove: lui l'ha conosciuto, le descrive vestiti ed ornamenti che portava quel dì che in guerra è andato "donna, saran finiti i tuoi tormenti" ma ancora vuol restare sconosciuto; anche a Euriclea, buona sua nutrice, che lavandogli i piedi se n'è accorta vedendogli la grossa cicatrice impone di tacere "o sarai morta!" Ai Proci, che sol pensano al mangiare, ai vuoti giochi ed alle libagioni, Penelope propone di scoccare una freccia fra i fori delle asce disposte in fila "siete dei campioni e sposerò colui che ci riesce"; l'arco d'Ulisse è pronto e si fa avanti per primo il buon Telemaco: s'appresta stimolando alla prova tutti quanti, ma l'arco quasi immobile gli resta, troppa forza ci vuole per piegarlo! Ulisse si rivela ai due fedeli Eumeo e Filezio: sono incaricati di compiti preziosi e delicati e nella pugna poscia d'aiutarlo. Provano i Proci ancora, ma nessuno a tendere quell'arco ci riesce; rimane ancora Antinoo "che ognuno riprovi domattina" e poi si mesce una coppa di vino. "rimandiamo la prova all'indomani e poi vedremo..." ma Ulisse incalza: "fatemi provare se la mia forza sia rimasta o meno..." s'indignano e gli negan l'occasione. D'autorità Telemaco s'impone: "gli sia portato l'arco, è ospite mio! e che mia madre si ritiri tosto nella sua stanza, ché quello è 'l suo posto!" Filezio va a sbarrar tutte le porte mentre Eumeo a Ulisse l'arco porge; a tender l'arco ei riesce: è forte! la freccia passa dritta e non si storce: lo sconcerto dei Proci adesso sorge. "In pole-position Antinoo tu sei, per primo morirai per mano mia, io sono Ulisse, sposo di colei che tu avresti voluto portar via, muori!!" e la freccia in corpo gli conficca; "la mia vendetta vi sarà, spietata, e la dea morte oggi sarà ricca, la casa che mi avete profanata sarà per voi la tomba e lo sapete: male faceste e tutto pagherete! Eurimaco, non risarcimenti, ma il sangue vostro copra i pavimenti!" ed al secondo colpo cade. Trapassato Anfinomo da lancia di suo figlio che corre a nuove armi ed ha armato i due servi fedeli. Lo scompiglio fra i Proci bersagliati è pauroso; cercano scampo, lanciano le aste ma Atena veglia. Non ci sia riposo! e le frecciate scoccano, nefaste. Alla fine di tutta la mattanza le fantesche infedeli fa riunire i cadaveri tolgan dalla stanza e si affrettino poi per ripulire. "culo e camicia erano con quelli? che muoiano impiccate, quei budelli!!" Sveglia la sua regina la nutrice: "Ulisse è ritornato! i Proci ha ucciso!" Penelope non crede a quel che dice, non si fida, eppur lo guarda in viso mentre gli ordini da per prevenire dei parenti dei morti la reazione - che Atena brigherà per far finire - "torni la calma, non ci sia più morte, poscia andrò da mio padre, da Laerte" E' la prova finale: la sua sposa ordini dà che 'portin fuori il letto' "Penelope! è impossibile la cosa, lo ricavai sul tronco d'un ulivo intorno al quale feci muri e tetto" Or più dubbi non ha la dolce moglie "sei proprio tu, Ulisse, mio adorato" e commozione ambedue li coglie e si bacian d'un bacio appassionato; "quante cose avremo da narrare sul tuo ritorno, tanto desìato....." ........... ........... "Ne parleremo poi, lasciamo andare, abbiam quasi vent'anni d'arretrato!!!!!"
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